Famiglie a tavola: come trasformare i pasti da momenti di tensione ad appuntamenti di condivisione e serenità!
Il momento del pasto in famiglia può essere un appuntamento atteso con gioia o con ansia: non sempre è facile coniugare il proprio tempo con la preparazione della cena o del pranzo che – fra le altre cose – possono essere momenti che i piccoli scelgono per manifestare tutta una serie di disagi.
Per approfondire il discorso delle famiglie a tavola abbiamo intervistato Elisa Mariani, Pedagogista e mamma di tre figli che si occupa di Consulenza pedagogica a sostegno della genitorialità presso il Centro il Melograno di Vimercate (MB).
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Ecco cosa ci ha raccontato!
1) Ciao Elisa! Perché è importante parlare dei pasti in famiglia?
Ciao a tutti!
Nella mia pratica professionale mi capita spesso di incontrare mamme e papà preoccupati e affaticati da ciò che succede durante il momento dei pasti in famiglia, soprattutto serali e in settimana.
Alla fine di una lunga giornata di impegni e attività ecco infatti che ci ritroviamo in cucina, all’ora di cena e con grande fiducia, sera dopo sera ci prodighiamo per decidere cosa proporre ai bambini, apparecchiare, cucinare, riuscire a radunare tutta la famiglia a tavola, mantenere la famiglia seduta (possibilmente composta), dare attenzione a tutti, servire il cibo, farlo mangiare, dirimere litigi e conflitti e tentativi di fuga vari, contenere e gestire i capricci dei più piccoli, convincere tutti che la tele deve rimanere spenta, convincere tutti a mangiare frutta e verdura… Che fatica!
Fortunatamente non tutte le cene sono così, ma talvolta questo momento è intriso di tensione e problematicità.
2) Perché il momento dei pasti è un momento così delicato per i bambini?
Il cibo da sempre porta con sé una doppia valenza: nutritiva e affettiva. Appena viene alla luce, il bambino perde quella sensazione di appagamento e sicurezza che lo ha accolto per 9 mesi.
All’improvviso si sente vulnerabile e spaventato e ciò che lo riporta a quella sensazione di pienezza e appagamento è l’essere allattato nel caldo abbraccio della mamma. Ecco che l’esperienza dell’essere nutrito si sovrappone e coincide con il senso di appagamento e di amore.
Inoltre, il cibo può assumere anche una funzione comunicativa, infatti talvolta i bambini utilizzano il momento dello stare insieme a tavola per comunicarci qualche loro disagio, che non sanno esprimere altrimenti.
È chiaro quindi quanto l’alimentazione sia una sfera delicata intorno alla quale ruotano emozioni, conflitti, pretese e persino atteggiamenti ricattatori.
3) Quali sono le maggiori difficoltà dei bambini all’ora dei pasti?
Per i bimbi è come se il cibo avesse dei messaggi segreti da veicolare e più noi genitori siamo in grado di cogliere questi significati più sapremo gestire e disinnescare le situazioni critiche che possono rovinare il momento dei pasti.
Tipicamente le difficoltà che affliggono i genitori a pranzo e a cena possono essere ricondotte a tre situazioni: il bambino che mangia poco, il bambino che fa tanti capricci e il bambino al ristorante.
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4) Cosa bisogna fare con un bambino che mangia poco?
Ci sono bambini che sono effettivamente poco interessati al cibo, mangiano poco, magari sempre le stesse pietanze e se potessero salterebbero a piè pari questo appuntamento quotidiano.
Questa situazione generalmente scatena la preoccupazione dei genitori che si attivano e spesso sovra-attivano a loro volta per risolvere la questione: di frequente però questo atteggiamento dei genitori non facilita la risoluzione, ma al contrario la esaspera e la cronicizza.
La prima cosa da fare, quindi, è una rapida analisi della realtà chiedendosi se il bambino ha fame, se gli piace quella pietanza, se è stanco e in buona salute, tutti elementi che incidono profondamente sull’appetito.
Se da questo punto di vista è tutto a posto possiamo iniziare a valutare la possibilità che il bambino senta qualche contrarietà, qualche emozione nei nostri confronti che non riesce a comunicare.
Badate bene non sta dicendo che ci odi, anzi, il contrario: l’amore che prova nei nostri confronti è così grande che gli impedisce di prendere le distanze da noi.
Ma differenziarsi dai genitori è indispensabile per una crescita sana ed equilibrata dei bambini. Ecco perché viene scelto inconsapevolmente il cibo per opporsi, per comunicare la rabbia (sana), un rancore ect. e questo succede maggiormente se i bambini sentono che il cibo e il nutrirsi sono dimensioni importanti e “vitali” per noi genitori.
5) Cosa bisogna fare quindi?
Innanzitutto essere consapevoli che se il bambino è in buona salute e per qualche volta non mangia o mangia poco, non succede nulla. Il messaggio che dobbiamo inviargli è che siamo interessati al fatto che lui si nutra, ma che non insisteremo e non saremo in ansia se ciò non succede.
Dobbiamo evitare il più possibile che il bambino associ al cibo il suo amore per noi, cioè non dovremo indurlo a mangiare per farci contenti e non dovrà temere che non gli vorremo più bene se non mangia.
Osservate inoltre come si comporta negli altri contesti e nelle altre sfere come il sonno o controllo degli sfinteri: notate una regressione anche in questi ambiti? In alcune situazioni come nel caso di grandi cambiamenti o eventi significativi nella vostra famiglia o nella sua quotidianità le regressioni spesso sono fisiologiche e servono al bambino per rassicurarsi dell’amore del genitore come quando era piccolo. È come se prendesse la rincorsa per la prossima tappa evolutiva.
Ovviamente se le cose non migliorano spontaneamente in poche settimane consultate pediatra o specialista, ma in generale in questi casi ricordiamoci di stare calmi (se la mamma è calma vuol dire che va tutto bene e sono in buone mani) e come già detto accettare che possa non mangiare e proporre cibi a lui graditi in piccole dosi, così non si sentirà scoraggiato e “mangiare tutto” non gli sembrerà un’impresa insormontabile.
6) Come si può fare per invogliare i bimbi con poco appetito a mangiare più volentieri?
Potrebbe essere molto utile coinvolgerli nella scelta degli alimenti al supermercato e nella preparazione del piatto utilizzando tutti e 5 i sensi. Il pasto così acquisterà una dimensione di relazione piacevole tra di voi che potrebbe favorire un approccio più sereno al cibo.
Ed è proprio questa la sfida, trasformare i pasti in momenti piacevoli e “leggeri” attraverso la relazione: se sfruttiamo queste occasioni per raccontare com’è andata la nostra giornata, condividendo momenti belli, curiosi, ma anche faticosi… i bambini si attiveranno spontaneamente per raccontare ciò che è successo a loro, senza doverli sottoporre all’ “interrogatorio” quotidiano.
Altre indicazioni importanti riguardano cosa non fare e cioè:
1. non entrare in sfida e non scendere sullo stesso piano perché i bambini hanno bisogno di relazionarsi con adulti che hanno uno sguardo più ampio e possono prendere in considerazione la situazione da diversi punti di vista
2. non imporre al bambino di mangiare contro la sua volontà, perché in questo modo assoceremo al cibo emozioni negative e molto probabilmente quella pietanza rischierà di essere “odiata” anche in futuro
3. non offrire ricompense né minacciare punizioni perché in questo modo depotenziamo il nostro ruolo e la nostra autorevolezza; il bambino ci percepisce deboli e facendosi forte di ciò potrebbe alzare sempre di più la posta in gioco.
7) Hai parlato prima di bambini che quando arriva il momento di mangiare fanno i capricci: a cosa ti riferisci?
In questo casi i bimbi utilizzano il momento dei pasti per chiedere in una maniera non funzionale ciò di cui hanno bisogno: attenzione, riconoscimenti e anche misurare un po’ il loro potere e di conseguenza quello dei genitori (avevamo già parlato di questa dinamica nell’approfondimento sui Terrible Twos).
In questo caso il messaggio che possiamo inviare al bambino è che per ottenere ciò che desidera il capriccio non è la mossa giusta e quindi dobbiamo fare in modo di non assecondarlo né incentivarlo.
La prima strategia vincente su cui possiamo lavorare è l’alleanza tra mamma e papà nel definire le regole, nel comunicarle, nel farle rispettare e soprattutto nella gestione dei momenti più “caldi” seguendo una linea comune.
Ad esempio, se ci accorgiamo che il nostro bambino fa storie per sedersi a tavola o rifiuta ciò che abbiamo preparato per misurare quanto potere ha nei nostri confronti potremmo usare questa strategia:
quando possibile proporgli una scelta tra due piatti preselezionati da voi, spiegando che poi dovrà mangiare ciò che avrà deciso e non potrà chiedere altre cose.
Se continua con i capricci potete rispondere con una frase del tipo «Forse non hai fame! Se ne hai puoi mangiare quello che ti ho preparato, che so che ti piace, altrimenti vuol dire che non hai proprio fame»; a questo punto non preparate nient’altro e non permettetegli di mangiare dolcetti, patatine, etc.
E qui viene il difficile: riuscire a resistere non solo ai tentativi esasperati che il nostro piccolo metterà in scena, ma anche al nostro senso di colpa e inadeguatezza, che con una vocina insistente ci dirà che non possiamo lasciare senza cibo un bambino!
In realtà se il bambino è in buona salute, non succede nulla. Al contrario la nostra fermezza sarà fondamentale per insegnare al nostro piccolo che i capricci non sono il modo per ottenere le cose e che siamo sufficientemente forti per resistere ai suoi “attacchi”; questo atteggiamento anche se lo scontenterà sul momento, nel suo intimo lo farà sentire al sicuro, perché avrà la percezione di essere affidato a due genitori solidi in grado di fronteggiare il suo potere.
8) Che consigli puoi dare invece sui bambini al ristorante?
La prima cosa su cui focalizzare l’attenzione è che andare al ristorante è una esigenza degli adulti (più che legittima, ci mancherebbe), non dei bambini.
Questo significa che siamo noi adulti a dover pensare e predisporre tutto ciò che può trasformare questa esperienza in un’occasione piacevole e serena.
Quindi scegliete il ristorante giusto, adatto ai bambini, magari con uno spazio giochi a loro dedicato, utilizzate il viaggio in auto per fare un breve ripasso delle regole del ristorante (se sono abbastanza grandi fatele dire a loro, così saranno più attenti e responsabilizzati).
Non dimenticate lo zainetto di sopravvivenza con tutto ciò che potrebbe aiutarli ad intrattenersi e a non annoiarsi: carta, pastelli, piccoli giochi da tavolo, carte, etc. (il telefono e il tablet non sono l’unico modo per acquietare i bambini! Aiutiamoli ad utilizzare la creatività e giochi di relazione anche in questi momenti).
9) Puoi consigliare a chi ci legge qualche libro interessante sull’argomento?
Certo! Eccone alcuni molto utili:
“Bambini e Cibo: A tavola con serenità” (Giorgia Veronese)
“Il tuo bambino e… il cibo. Una guida autorevole per superare, senza smorfie, la prova cibo” (T. Berry Brazelton)
“Il mio bambino non mi mangia. Consigli per prevenire e risolvere il problema” (Carlos Gonzáles)
“Io mi svezzo da solo! Dialoghi sullo svezzamento” (Lucio Piermarini)
Grazie mille Elisa!
Grazie a voi!
Chi volesse contattare Elisa Mariani può farlo attraverso la sua scheda profilo sul sito del Centro Il Melograno e, chi abita in zona, può recarsi direttamente alla sede dell’associazione a Vimercate (MB!).
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