Cosleeping: quando dormire tutti insieme fa bene a grandi e piccini
[L’articolo è stato aggiornato il 18 febbraio 2016 per sottolineare le condizioni che rendono il cosleeping un’esperienza vissuta in maggior sicurezza per il bambino]
[L’articolo è stato aggiornato l’8 novembre 2016 con le indicazioni delle nuove linee guida per un sonno sicuro pubblicate dall’American Academy of Pediatrics]
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Quando si parla di bambini piccoli, uno degli argomenti più spinosi è senza dubbio il sonno: per la maggior parte dei bimbi – soprattutto nei primi mesi – i risvegli frequenti sono all’ordine del giorno e non sempre è facile trovare l’equilibrio giusto per fare in modo che tutta la famiglia riposi abbastanza.
Negli ultimi anni, anche da noi in Occidente, si sta riscoprendo uno stile di vita che promuove la vicinanza tra i genitori e il piccolo: alcuni esempi sono l’allattamento al seno a richiesta e la fascia porta bebè, mentre per il sonno prende sempre più piede la pratica del cosleeping. Di cosa si tratta?
Cosleeping vuol dire “dormire insieme”, nella stessa camera o nello stesso letto: succede quindi quando i bimbi dormono a stretto contatto con i genitori, invece di dormire da soli nella loro cameretta.
Se per noi è ancora una pratica “nuova”, si tratta della normalità in alcune parti del mondo: nelle tribù primitive i bambini dormono con i genitori fino quasi all’adolescenza, in Giappone i piccoli dormono con la mamma fino ai cinque anni e, anche in alcuni Paesi del Sud America, i bimbi fanno la nanna accanto ai loro genitori, mai da soli.
Sono stati diversi i pediatri e gli antropologi che hanno deciso di studiare quali siano gli effetti del sonno condiviso: è stato dimostrato che, dormire con la mamma e il papà, porta diversi vantaggi biologici al bambino.
Dormire a contatto con i genitori aiuta il bambino a regolare la sua temperatura corporea, a sincronizzare il respiro con quello della mamma e del papà (e questo riduce il rischio di morte in culla perché è come se al neonato venisse costantemente ricordato che deve respirare), a essere meno stressato, piangere meno e svegliarsi meno di frequente.
Ma il cosleeping è vantaggioso anche per i genitori: l’allattamento al seno ne risente positivamente poiché i ritmi della mamma e del bambino sono più coordinati e il loro legame è più profondo, i risvegli sono meno frequenti perché il piccolo dorme meglio e, nel caso si svegliasse, notare la presenza dei genitori al suo fianco spesso sarà abbastanza per farlo riaddormentare tranquillo.
Certo, non sempre è possibile dormire insieme: ci sono delle situazioni, infatti, in cui il sonno condiviso è da evitare, ad esempio quando uno o entrambi i genitori fumano, soffrono di obesità o bevono alcolici. Abitudini che sarebbe meglio perdere a prescindere, per adottare uno stile di vita sano e, se abbiamo anche dei piccoli, per dare loro il buon esempio e non privarli di un’esperienza bellissima quale il sonno condiviso.
Se, da una parte, è dimostrato che un cosleeping “corretto” aiuta a prevenire il rischio di morte in culla, dall’altra se non si prendono le dovute precauzioni il dormire insieme può essere associato al manifestarsi della SIDS.
Andiamo a vedere quindi quali sono tutti i fattori a cui dobbiamo fare attenzione se vogliamo dormire nel lettone insieme al nostro bimbo:
- non mettere il piccolo tra il papà e la mamma, ma sempre dal lato di uno dei due genitori (se il piccolo prende il seno, meglio dal lato della mamma);
- utilizzare una sponda di sicurezza (dev’essere ben salda e non bisogna lasciare spazio tra la sponda e il materasso) per fare in modo che il bambino non rischi di cadere dal letto;
- utilizzare un materasso duro e basso, stile futon. In Giappone, infatti, il dormire insieme nel lettone è una pratica diffusa perché, dormendo su materassi duri al livello del pavimento, il piccolo non rischia di cadere dal letto; inoltre il materasso duro minimizza il rischio di sprofondamento e quindi di soffocamento (vale la stessa cosa per i materassi delle culle);
- non utilizzare materassi ad acqua o materassi troppo morbidi; il piccolo deve dormire su una superficie confortevole ma dura e stabile;
- non dormire sul divano o con troppi cuscini sul letto con i quali il piccolo potrebbe soffocare;
- se il genitore che dorme dalla parte del bambino ha i capelli lunghi, dovrebbe raccoglierli per evitare che si attorciglino inavvertitamente attorno al collo del piccolo;
- far dormire il piccolo sempre a pancia in su, almeno fino all’anno di età;
- non indossare braccialetti, orecchini, collane o ornamenti che potrebbero ferire il bambino;
- non indossare profumi o lacca per i capelli poiché alterano l’odore personale attraverso il quale il bambino ha imparato a riconoscere chi si prende cura di lui;
- non dormire nello stesso letto del piccolo se abbiamo assunto alcool o droghe (sia legali che illegali) che causano sonnolenza;
- evitare il cosleeping se si è fumatori o obesi;
- se il piccolo ha meno di una anno, non dormire nel lettone con più bambini alla volta.
- evitare di dormire nel letto con bambini nati prematuri, quindi sottopeso: sembra infatti che la SIDS nei bambini nati prematuri ed il cosleeping possano essere correlati.
- se si vuole dormire tutti insieme nel lettone, aspettare che il piccolo abbia compiuto almeno i tre mesi.
Anche l’Unicef ha stilato delle linee guida per il cosleeping sicuro: le trovate a questo link.
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Se non è presente nessuna delle condizioni di cui abbiamo parlato, il cosleeping è consigliato per il benessere dei genitori e dei piccoli: il diffondersi di questa pratica, nella nostra società, sta arginando una mentalità basata su false aspettative, secondo la quale esistono “bambini bravi” e la normalità è che questi dormano tutta la notte e non piangano se sono allontanati dalla madre.
Invece i risvegli frequenti e il bisogno di contatto sono necessità fisiologiche dei piccoli, indispensabili per la loro sopravvivenza, come ben spiegato in questo approfondimento de La Leche League che parla dei bisogni dei bimbi partendo dalla nostra evoluzione come esseri umani.
Purtroppo, ancora oggi, il sonno dei bambini è un argomento controverso: sono ancora tanti i pediatri e gli operatori del settore che sconsigliano il sonno condiviso ritenendolo dannoso, quando diverse ricerche dimostrano esattamente il contrario.
In ogni caso, non è detto che il cosleeping sia sempre la risposta: ci possono essere dei bimbi che da subito dormono tutta la notte e che non sentono il bisogno di dormire vicino ai genitori.
L’importante è assecondare i loro bisogni e rispettare i tempi di ognuno, ma non solo: è anche fondamentale trovare il giusto equilibrio che renda felici tutti i membri della famiglia.
Non esiste una “formula giusta”, ma esiste la formula che funziona per i genitori e i bimbi come nucleo familiare: che sia dormire tutti insieme nel lettone, o nella stessa stanza ma in letti diversi, oppure ognuno nella propria camera non ha importanza se le nostre decisioni rispettano la volontà e i bisogni di tutti.
Aggiornamento dell’8 novembre 2016:
L’American Academy of Pediatrics ha recentemente pubblicato delle nuove linee guida che contengono consigli e raccomandazioni per un sonno infantile sicuro e per ridurre al minimo i rischi di SIDS.
Queste nuove linee guida continuano a ricordare l’importanza di mettere i neonati a dormire in posizione supina (mai prona) fino al compimento del primo anno di età, e consigliano di non tenerli nello stesso letto dei genitori (ma assolutamente sì nella stessa stanza, vicino al letto di mamma e papà) almeno fino ai tre mesi di vita.
In questa pagina è possibile prendere visione di tutto il documento in cui vengono citati gli studi epistemologici realizzati per arrivare a questa conclusione; se, da una parte, le nuove linee guida avvicinano i genitori ai bambini e promuovono il sonno condiviso (il cosleeping, ovvero dormire nella stessa stanza ma in letti diversi, seppur vicini) dall’altra pongono dei limiti al cobedding, quindi al dormire tutti nello stesso letto.
Infatti, nonostante condividere il letto con i piccoli (dai tre mesi di età almeno) apporti loro tutta una serie di vantaggi che abbiamo elencato in precedenza in questo articolo, il cobedding è una pratica che deve essere fatta con estrema consapevolezza da parte dei genitori che la scelgono (e che in alcuni casi è infatti sconsigliata), facendo attenzione a tutta una serie di fattori di cui abbiamo già parlato.
E’ importante notare come nelle linee guida venga sottolineato che gli ausili per il cobedding (culle che si attaccano al lettone, etc.) siano sconsigliati e che, comunque, è possibile mettere i piccoli nel letto di mamma e papà per allattarli, consolarli e coccolarli ma – soprattutto se non hanno ancora compiuto i tre mesi di vita – quando si riaddormentano vanno poi rimessi nella loro culla.
Dagli studi emerge poi che altri fattori che minimizzano il rischio di morte in culla sono l’allattamento al seno, l’utilizzo di materassi duri e l’assenza di peluche o lenzuola che potrebbero soffocare il piccolo inavvertitamente.
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