Bambini e COVID-19: perché i bambini si ammalano meno di Coronavirus? Ecco cosa sappiamo fino ad ora
Il nuovo Coronavirus (il cui nome esatto è SARS-CoV-2) responsabile della malattia chiamata COVID-19 è apparso sulla faccia della terra solo pochi mesi fa: per questo sono ancora tante le cose che non sappiamo su questo nuovo virus anche se col passare della settimana le conoscenze della comunità scientifica aumentano.
Una cosa che è apparsa subito evidente, già quando il virus era diffuso solo in Cina, era la bassissima percentuale di casi gravi (praticamente inesistenti) tra i bambini, soprattutto nella fascia d’età 0-9 anni; uno report del Chinese Center for Disease Control and Prevention dimostra come su un campione di 44.672 casi confermati, meno dell’1% è rappresentato da bambini sotto i 10 anni d’età.
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Questo portò la comunità scientifica a porsi una serie di domande: i bambini sono immuni al Coronavirus? Cosa dà loro quella protezione che manca agli adulti?
Per alcune di queste domande non sono ancora state individuate risposte definitive, andiamo però a vedere cosa sappiamo al momento riguardo ai bambini e al Coronavirus.
- I bambini sono immuni al Coronavirus?
- Perché i bambini si ammalano meno di Coronavirus?
- I bambini possono ammalarsi gravemente di Coronavirus?
- Se i bambini si ammalano di meno perché chiudere le scuole e farli rimanere in casa?
- In conclusione
I bambini sono immuni al Coronavirus?
No. Essere immuni significa che è non è possibile contagiarsi né passare la malattia agli altri; per esempio, si diventa immuni a certe malattie quando le abbiamo già fatte e siamo guariti (e quindi abbiamo anticorpi che ci proteggono in maniera permanente, come nel caso del morbillo) oppure grazie ai vaccini.
I bambini non sono immuni al Coronavirus perché possono essere infettati: un recente studio condotto nella città di Shenzhen, in Cina, ha dimostrato come i bambini abbiano esattamente le stesse possibilità degli adulti di essere contagiati dal SARS-CoV-2.
La differenza rispetto ad altre fasce d’età è che la maggior parte dei bambini che sia ammala di COVID-19 non presenta sintomi o presenta una sintomatologia molto lieve (magari solo un po’ di tosse o raffreddore): se questo, da una parte, è un vantaggio per i bimbi, è uno svantaggio per tutti gli altri; benché asintomatici i piccoli contagiati possono infettare gli adulti o gli anziani in maniera molto più efficace.
Perché i bambini si ammalano meno di Coronavirus?
Il nuovo Coronavirus si comporta in modo diverso rispetto, per esempio, all’influenza: l’influenza è particolarmente pericolosa per gli anziani, ma anche per i bambini piccoli mentre il SARS-CoV-2 è parecchio più lieve nei bimbi; perché?
Questa è una domanda alla quale la scienza non sa ancora rispondere anche se alcune ipotesi sono state già formulate: andiamo a vedere le principali.
1. Diverso funzionamento del sistema immunitario dei bambini
Una delle complicazioni più gravi del nuovo Coronavirus SARS-CoV-2 (comune anche ad altri due Coronavirus, quello della SARS che causò l’epidemia del 2003 e quello della MERS, responsabile dell’epidemia del 2015) è la sindrome da distress respiratorio acuto, una patologia che non permette ai polmoni di funzionare come dovrebbero e che può essere fatale.
Questa sindrome può essere scatenata da una risposta immunitaria dell’organismo: le cellule immunitarie che accorrono al sito dell’infezione e il cui compito è quello di attaccare il virus per aiutarci, possono invece causare l’effetto contrario impedendo all’ossigeno di essere assorbito dai polmoni; questa pericolosa risposta immunitaria prende il nome di tempesta di citochine.
Siccome il sistema immunitario dei bambini è ancora in via di sviluppo, i piccoli sembrano essere protetti dalla tempesta di citochine; studi realizzati durante l’epidemia di SARS del 2003 hanno evidenziato come i bambini producessero livelli relativamente bassi di citochine infiammatorie, una condizione che potrebbe aver evitato che sviluppassero complicazioni polmonari.
2. Mancanza di esposizione previa ad altri Coronavirus
Sebbene la parola “Coronavirus” sia diventata tristemente famosa in questi ultimi mesi, la comunità scientifica la conosce da molto tempo prima.
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Si tratta infatti di una famiglia di virus che causa patologie negli animali e negli uomini da centinaia di anni: alcune più gravi come l’attuale SARS-CoV-2, la SARS o la MERS, però altri Coronavirus causano semplici malanni di stagione e la maggior parte delle persone adulte si è infettata con questi Coronavirus più innocui nel corso della vita.
Tutti i virus della famiglia Coronavirus si somigliano, ma non sono uguali: quando infettano una persona, questa sviluppa anticorpi specifici per quel Coronavirus che saranno simili – ma non uguali – a quelli che svilupperebbe per un altro Coronavirus della stessa famiglia.
Il problema per gli adulti è proprio questo: sembra che anticorpi simili (sviluppati grazie a vecchie infezioni di Coronavirus innocui) possano interferire negativamente con la malattia causata dall’attuale SARS-CoV-2.
I bambini, proprio per la loro tenera età, hanno meno possibilità degli adulti di essere entrati in contatto con altri virus della famiglia Coronavirus; non avendo anticorpi simili che possano interferire negativamente, potrebbero per questo sviluppare la malattia in modo più lieve.
I bambini possono ammalarsi gravemente di Coronavirus?
Abbiamo visto che i casi gravi tra i bambini sono rari, ma – purtroppo – non impossibili: uno studio epidemiologico che ha riguardato 2.143 pazienti pediatrici in Cina ha dimostrato che sebbene il 90% dei casi fossero asintomatici o con sintomi lievi, una piccola percentuale di bimbi (soprattutto i più piccoli) erano più vulnerabili e hanno sviluppato sintomi severi della malattia.
Se i bambini si ammalano di meno perché chiudere le scuole e farli rimanere in casa?
Proprio perché la maggior parte dei bambini sviluppa la malattia in maniera lieve o asintomatica, i più piccoli rappresentano una pericolosa fonte di contagio: pericolosa non tanto per sé stessi o altri bambini, ma per gli adulti o gli anziani con i quali poi vengono a contatto.
Uno studio riguardante un piccolo paziente cinese di soli sei mesi ha evidenziato come sebbene il bimbo fosse completamente asintomatico le sue secrezioni (la saliva, per esempio) contenessero un’altissima carica virale; sebbene lui non presentasse sintomi, sarebbe stato in grado di infettare un alto numero di persone.
Immaginiamoci questa situazione con diversi bambini: il fatto di sentirsi bene e non avere sintomi fa in modo che possano interagire con altre persone in maniera indisturbata, ma con un alto rischio di contagiare appunto adulti e anziani (maestre, professori, nonni, genitori, fratelli maggiori, etc.).
Anche perché una maniera di prevenire il contagio è lavarsi spesso le mani, mantenere le distanze di sicurezza, non toccarsi la faccia, tossire o starnutire nell’incavo del braccio… Tutte misure davvero difficili (se non impossibili) da far rispettare a un bambino!
In conclusione
Stiamo vivendo una situazione critica sotto più punti di vista e la preoccupazione per la salute dei nostri cari è un pensiero che non ci abbandona mai: sapere che almeno i bimbi sembrano avere più possibilità – nel caso di contagio – di sviluppare la malattia in forma lieve ci fa tirare un sospiro di sollievo.
Non dobbiamo però abbassare la guardia: non solo perché, seppur rari, i casi gravi di COVID-19 sono presenti anche tra i più piccoli, ma soprattutto per tutelare tutti i soggetti più deboli, quelli più propensi a sviluppare complicazioni nel caso di infezione.
Per questo la chiusura delle scuole è necessaria, così come il distanziamento sociale, almeno fin quando la situazione non migliorerà.
Tutti noi non vediamo l’ora di lasciarci questa situazione alle spalle: rispettando le norme percorriamo la strada che ci riporta il prima possibile verso una situazione che non sarà del tutto normale (non fino all’arrivo di un vaccino) ma che non sarà neanche rigida come quella che stiamo vivendo da metà marzo.
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